La Storia di San Marino

La Storia dello Stato di San Marino - Cap. 15

Gli Statuti del 600 parlano ancora dell’Arengo, delle modalità di convocazione e delle sue facoltà, ma nel medesimo viene assodato anche che ormai il Consiglio aveva assunto ogni autorità e preminenza.

Evidentemente con il passar degli anni era diminuito l’interessamento del popolo alla cosa pubblica e d’altro canto il Consiglio, ormai nelle mani di poche famiglie della Città, si arrogò via via ogni autorità relegando l’Arengo ad una semplice facoltà di petizione semestrale. Così, verso la fine del secolo XVIII, si giunge al predominio aristocratico che degenererà poi in oligarchia.
L’Arengo non eleggeva più i propri rappresentanti via via che questi venivano a mancare, infatti venivano semplicemente sostituiti con nomine per cooptazione e il Consiglio assunse il titolo di Sovrano. Inoltre, nonostante le pene pecuniarie previste, che del resto non venivano applicate, erano non pochi coloro i quali disertavano le sedute del Consiglio, il quale gradualmente cadde nelle mani di consorterie delle quali erano a capo la famiglia Belluzzi e la famiglia Brancuti.
La situazione precipitò fino al punto che i Capitani Reggenti dell’epoca convocavano i Consiglieri nelle loro case private per trattare cose di interesse pubblico. La Reggenza inoltre non sottostava più al Sindacato.
Naturalmente questo stato di cose produsse nella parte più sensibile della cittadinanza notevole disagio. Giunse così una supplica a Guidobaldo II della Rovere Duca d’Urbino il quale, presa a cuore la questione, decise di stroncare l’arbitrio e la facinorosità esistenti sul Titano. Inviò così a San Marino come Commissario, Marcantonio Tortora, con una proposta di riforma della Costituzione Sammarinese.
La proposta formulata prevedeva il rinnovo dell’intero Consiglio.
Fu allora convocato, sotto la vigilanza del Commissario, l’Arengo. Dall'urna venivano estratti i nominativi dei Consiglieri uscenti e, uno alla volta venivano messi in votazione considerando rieletti coloro i quali avessero ottenuto i due terzi del numero dei votanti.
Dalla relazione del Tortora, inviata al Duca di Urbino il 22 agosto 1560, emergeva l’esito della votazione, i nomi dei Consiglieri confermati e di quelli esclusi, i nomi dei nuovi eletti in surrogazione degli esclusi, e ancor più che i Brancuti non erano graditi alla maggioranza del popolo, il quale o era schierato per i Belluzzi o si manteneva neutrale.
Infatti, dei 20 contadini entrati nel Consiglio, uno solo era per i Brancuti, tre con i Belluzzi, mentre gli altri eletti venivano definiti dal Tortora «homini da bene». Il rinnovo del Consiglio si raggiunse poi con elezioni suppletive per il raggiungimento del numero dei Consiglieri mancanti.
Questo avvenne per l’immediato rinnovo del Consiglio. Per l’avvenire, il Duca propose che ogni anno, un mese prima della scadenza del termine, i Capitani dovevano convocare l’Arengo in seno al quale dovevano essere scelti i componenti del nuovo Consiglio.
Infine, il Duca di Urbino ordinava che quei Sammarinesi che erano ricorsi a lui per ottenere il suo intervento, e che per tale motivo erano stati condannati, fossero assolti da ogni pena, e che lo Stato fosse mantenuto in concordia in attesa che egli avesse trovato da mandare «un buon Podestà… a beneficio del detto luogo et a conservazione della sua libertà».
Stando però agli Statuti del 600, ci si rende conto che non dovette passar molto tempo che le cose andarono come prima.

 

Continua...

 

A cura di Acì
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